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MISSIONE KPONG - HIDROELECTRIC DAM PROJECT

Verso la fine del 1977, mi trovavo in Costa d’Avorio al progetto TAABO.

Un bellissimo progetto, del quale avevo seguito, nel 1973, gli studi preliminari, rete topografica e indagine geologica, per incarico dell’Impregilo assegnatole dalla Kaiser Engineera & Constructors Inc. U,S.A.

Impianto idroelettrico di TAABO

I lavori erano in fase di completamento e, lasciata da un anno la contabilità lavori, coadiuvavo alla sezione getti calcestruzzi della sponda sinistra che era stata assegnata alla consorziata Dumez Afric francese.

Venne in visita l’ing. Garavaglia e mi disse: “Casubolo, qui hai poco da fare, ora ti incarico di portare rifornimenti di emergenza al progetto Kpong, in Ghana, dove ci sono già molti operai e tecnici, ma non hanno le forniture che arriveranno in ritardo. Presto partirà la cerimonia di inaugurazione dell’inizio del progetto, da parte del Presidente Acheapong e queste forniture sono indispensabili per l’organizzazione della cerimonia.”

Bene, mi assegnarono due camion e due Toyota Land Crusier. In magazzino preparammo un elenco secondo “la bibbia Lolli” delle necessità pratiche di un cantiere in avviamento, preparai una corposa documentazione di quanto trasportavamo e ne feci sei copie anellate in altrettante cartelle.

Trattandosi di documentazione necessaria per la dogana, tutte le pagine vennero timbrate con appositi timbri da me preparati e, sempre da me, firmati con due firme differenti.

Sul frontale dei due camion fissai un cartello di compensato con scritto in grande “Kpong Project – Duty Free Import”, studiai le cartine stradali e scelsi di entrare da un confine della foresta, sperando di trovare doganieri più malleabili.

Il Ghana di quei tempi, era ridotto in cattive condizioni economiche, con il suo governo militare e si era ridotto ad avere una moneta, Cedi, che ufficialmente quotava 1 Cedi = 1$ USA, ma sul mercato nero per 1$ ti davano da 8 a 10 Cedi. Questo rendeva difficile trovare prodotti di qualunque tipo, incluse cibarie, sul mercato. Come conseguenza la corruzione imperava a tutti i livelli e per avere permessi o documenti governativi, era imprescindibile ungere anche se con poco lo svolgimento delle pratiche.

Mappa del Ghana

L’Impregilo non aveva ancora completato le sue autorizzazioni di importazione “DUTY FREE IMPORT” ma necessitava con urgenza la fornitura richiestami per il cantiere.

Pertanto, basandomi su i suggerimenti ricevuti, mi rifornii di alcune stecche di Malboro e due di  Meccarillos Ormond (che fumavo in quel tempo) e di 3000 $ dei quali 3 biglietti da 100$ nel portafoglio ed il resto ben occultato.

Salutai mia moglie Estela che rimaneva in cantiere dove la più grande Patrizia frequentava le elementari e, al mattino partii verso Est, verso il confine che portava in Ghana sulla strada di Berekum – Sunyani.

In bella vista, sul corscotto della mia Land Cruiser, misi due stecche di Malboro e una di Meccarillos dalla quale tolsi un pacchetto che iniziai a fumare lungo il viaggio, la strada era ottima e senza problemi, fino all’ultimo tratto di circa 10 Km prima del confine.

Indossavo una sahariana ed un berretto tipo militare e al primo checkpoint mi fermarono due  militari ivoriani.

Salutai militarmente fissandoli negli occhi, mi chiesero dove andavo e cosa portavo, ma nel frattempo i loro sguardi erano attratti dalle sigarette del cruscotto.

Spiegai che ero un dipendente Impregilo, italiano, del progetto TAABO e che mi recavo in Ghana per portare forniture al progetto Kpong che in quei giorni stava per essere organizzato. Mostrai i documenti, verificarono quelli degli autisti e poi, con occhi imploranti, indicando le sigarette, fecero il gesto inequivocabile delle due dita del fumatore. Mezza stecca di Malboro sparì e riprendemmo la marcia.

Prima del confine sparì il resto della prima stecca e verso le 17, arrivammo al confine.

I doganieri ivoriani erano indaffarati intorno ad un camion che sembrava carico fino alla sommità di canne o qualcosa del genere.

Fermai la colonna e scesi dall’auto per sgranchirmi le gambe e camminando mi avvicinai a curiosare.

Mi si affiancò un doganiere, rifeci il saluto militare e con un sorriso mi guardò incuriosito. Dopo che mi presentai mi chiese se sapevo cosa portasse quel camion, risposi che non capivo di cosa si trattasse perché non avevo mai visto quel tipo di vegetale. Allungò il braccio e tirò fuori un ramo che mi mise sotto gli occhi, lo guardai e ripetei che era la prima volta che vedevo quel tipo di fogliame a tante punte come un ventaglio.

Mi disse, meravigliato per la mia ignoranza, che si trattava di Cannabis che veniva utilizzata come marijuana da fumare. Gli chiesi cosa avrebbero fatto dell’autista, fece un sorriso e non mi rispose.

Poi passò alla mia colonna delle due vetture e due camion e dovetti dargli le solite spiegazioni mentre mi avvicinavo con lui alla mia auto. Inevitabilmente il suo sguardo cadde sulle Malboro, la stecca cambiò proprietario e ci diede via libera verso la barriera ghanese.

La dogana ghanese era meglio attrezzata, ci fermammo davanti ad una costruzione in pietra, stile coloniale inglese, ed entrai nell’ufficio dove un impiegato, seduto dietro una scrivania, mi osservava. Feci il saluto militare di rito e gli chiesi se era venuto un impiegato della Impregilo che avrebbe dovuto attendermi, nel primo pomeriggio li da loro, per ritirare i documenti relativi a quello che trasportavo.

Mi guardò smarrito ma mi disse che non si era visto nessuno straniero da loro.

Come faccio dissi, doveva anche portarmi dei Cedi per le spese di viaggio in Ghana fino al cantiere e ora avevo solo dollari, a proposito, chiesi: “c’è una banca da voi per cambiare i dollari?”

A quel punto il suo volto si illuminò e mi disse che forse poteva aiutarmi lui, mi mostrò il giornale dove c’era stampato il cambio ufficiale di 1 Cedi = 1 $ e mi chiese quanti dollari volessi cambiare.

Ma, gli dissi, credo che 100 $ sarebbero sufficienti.

Mi diede 100 Cedi e mi disse che lo faceva solo per aiutarmi, lo ringraziai e passai alle due cartelle che avevo con me.

Lui era al corrente della notizia del cantiere Kpong, diede una guardata ai documenti che gli porgevo, aprì un suo volume di disposizioni doganali e con un sorriso raggiante mi disse che non c’era nessun problema, i progetti di stato ricadevano nelle esenzioni doganali, mise una serie di timbri sul mio fascicolo, una firma e, dopo aver accettato un pacchetto di Meccarillos, mi accompagnò alla vettura e mi disse che potevamo andare.

La strada, passata la palazzina della dogana, voltava a sinistra e poi a destra verso l’uscita. A quel punto ci trovammo la strada sbarrata da un gruppo di militari armati.

Una bellissima “capitano”, si avvicinò alla mia auto e sorridendo mi disse: “ avete ben pagato per essere usciti così presto, ora da qui non andrete da nessuna parte, siete in arresto e domani mattina scaricheremo tutto ciò che trasportate per un controllo appropriato”.

Stava ormai arrivando il tramonto ed io volevo dormire in un albergo in Ghana, prima di affrontare l’ultimo tragitto fino al cantiere Kpong.

Scesi dalla macchina, la guardai con l’ammirazione che merita una fata e le dissi: “oh no, una bella ragazza come te … no, non puoi farmi questo”. Le spiegai la ragione del mio viaggio e la necessità di arrivare in tempo per permettere di organizzare il ricevimento in onore del presidente Acheapong e che per una bella ragazza come lei, avrei voluto avere qualche bottiglietta di ottimo profumo francese, ma che mi rimanevano solo alcuni pacchetti di Maccarollos. Mi guardò con un sorriso e le dissi che, per il momento, in mancanza di altro le davo tutti i Meccarillos che avevo e li poteva poi dare al suo uomo ma che alla prossima volta avrei portato un profumo per lei.

Urlò un comando ai militari che sollevarono la barra, io le feci il mio saluto militare che lei ricambiò e partimmo.

Arrivammo a Sunyani che ormai era notte, Trovammo un albergo con un rassicurante parcheggio custodito per i mezzi e prendemmo delle camere.

Ricordo che era rivestito interamente di legno scuro e pieno di sculture Ascianti. Comunque ci riposammo e al mattino scesi per vedere a quanto ammontava il conto, oltre ai 100 Cedi ne avevo altri a sufficienza per pagare anche la colazione e, terminata la colazione, chiesi di parlare con il proprietario.

Mi ricevette, un uomo anziano e molto autoritario, e gli chiesi se mi poteva cambiare alcuni dollari.

Si mi disse e ti faccio un cambio di favore a 5 Cedi per dollaro.

Lo guardai e replicai che ad Accra o Tema mi avrebbero dato almeno 8 Cedi ma dato che eravamo molto lontani dalla capitale, avrei accettato a 7 Cedi per dollaro. Si mostrò molto contrariato e con un sorriso mi augurò buon viaggio e si ritirò.

Dalla mia borsa estrassi una nuova stecca di Malboro, la misi sul cruscotto e partimmo tranquilli, ma dopo una sessantina di Km. fummo raggiunti da due militari su moto equipaggiate di radio trasmittenti, che a sirena spiegata ci sorpassarono e si misero di traverso sulla strada.

Uno di loro si avvicinò alla mia macchina, lo salutai sempre militarmente e mi ordinò di rientrare a Sunyani perche avevano avuto una segnalazione che trasportavamo merce proibita.  A quel punto ripetei la solita storia e gli dissi le ragioni per le quali non potevamo ritardare il nostro viaggio. Si mise duro, allora scesi dalla macchina, mi diressi verso la moto e con voce ferma gli ordinai di mettermi in contatto radio con il suo superiore o che comunicasse lui che gli ordinavo di venire con noi fino al cantiere e che li avrebbe potuto verificare tutto, anche dentro i copertoni dei camion. Se invece insistevano per farci tornare indietro, ne avrebbero risposto direttamente alla presidenza del Ghana, ad Acheapong. I due si guardarono indecisi, parlottarono e poi mi dissero: “dacci quella stecca di sigarette e ti lasciamo andare in pace” …

Bene, arrivammo in cantiere, ci accolsero come dei salvatori e, mentre Danilo Dean già si accingeva ad assemblare una carriola, gli altri iniziarono a scaricare i camion.

I lavori di preparazione del palco per l’inaugurazione iniziarono ma mancavano i fuochi d’artificio. Si trattava di fuochi speciali, che dovevano essere ben visibili di giorno, durante la cerimonia.

Questi, erano stati spediti via aerea cargo (non credo che oggi lo si potrebbe fare), ma all’aeroporto non risultavano arrivati. L’ing. Vassallo mi disse di occuparmene e, il giorno dopo, ritornai alla dogana insieme all’impiegato incaricato.

Da Milano ci avevano comunicato che i 3 grossi valigioni di cartone rinforzato, erano contrassegnati da due strisce rosse stampate, che li avvolgevano in centro, in verticale e orizzontale e questo avrebbe dovuto aiutarci ad identificarli.

Il deposito della dogana era adiacente all’aeroporto, entrammo in un ufficio con un bancone e molta gente in fila per reclamare bagagli non arrivati.

Quando fu il nostro turno, presentai i documenti all’incaricato che si ritirò per effettuare la verifica.

Nel frattempo notai che l’ufficio era separato dal deposito da una parete  chiusa da una maglia metallica fino al tetto, e, al di la della maglia, un lungo corridoio fiancheggiava alti scaffali nei quali era impilata una grande quantità di pacchi e valigie. A quel punto, in cima del primo scaffale notai una croce rossa su un grosso valigione.

L’incaricato rientrò e sconsolato mi disse che non c’era nessuno dei pacchi reclamati. Lo guardai negli occhi e gli dissi che se mi autorizzava ad entrare nel deposito li avrei trovati subito. Bene mi disse con aria di sfida, ti faccio accompagnare ma non ti autorizzo a smuovere i bagagli esistenti.

Con il mio impiegato e il doganiere, entrammo nel deposito e subito gli indicai il primo che avevo individuato, lui salì con una scala, verificò i dati identificativi e autorizzò il mio impiegato a scenderlo. Per gli altri due fu altrettanto facile e caricatoli sulla macchina tornammo in cantiere.

Passai poi all’ufficio di Tema, da li poi in cantiere per incaricarmi della riparazione delle case e fognatura del villaggio ricevuto dal Volta River Autority e successivamente come supporto tecnico alla costruzione del villaggio Impregilo e dei villaggi da costruire per le popolazioni che sarebbero state espulse dal futuro lago.

Ma la malaria mi ritornò e con essa le conseguenze dei lunghi anni di cure e profilassi antimalarica. Il chinino e le altre profilassi chimiche equifalenti mi avevano intossicato e ridotto pericolosamente la mia memoria. Viaggiavo con i bigliettini per non dimenticare le cose e ad un certo punto decisi di eliminare dalla mia vita i paesi malarici e rassegnai le dimissioni.

Rientrato in italia venni assegnato al cantiere Sant’Anna vicino Crotone e da li una vita temporaneamente lontana dall’Africa nella quale rientrai solo molti anni dopo ma non mi sottomisi più alla profilassi antimalarica. Stranamente non ebbi più attacchi malarici neppure nella terribile Sierra Leone…

MdL Alberto Casubolo

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